Usa-Cina
e la corsa alla leadership tecnologica: una questione di supremazia
globale
Stefano
Uberti Foppa
La
politica dei dazi, il potenziale rischio per la sicurezza nazionale
USA legato all'utilizzo di tecnologie cinesi e il divieto di accesso
a quelle americane. La battaglia Usa-Cina è senza esclusione di
colpi ma le due superpotenze hanno i loro destini e interessi
incrociati e un punto di equilibrio che garantisca crescita e pace
sociale, andrà trovato. Intanto il dragone espande in tutto il mondo
la sua egemonia...
L'azione
di contrasto alla Cina da parte del presidente americano Trump si
basa soprattutto su due punti forti: il primo è di tipo
economico-commerciale, per cercare di frenare l'avanzata cinese
negli Stati Uniti attraverso strumenti protezionistici tipici della
strategia “America First”; il secondo è più di carattere
strategico-militare, legato alla sicurezza nazionale, che induce
nell'opinione pubblica il dubbio di un potenziale spionaggio
tecnologico attraverso l'utilizzo di
sistemi, componenti, reti e smartphone (Huawei) made in China.
Tra
le prime aziende che si sono allineate al divieto presidenziale di
utilizzare tecnologie straniere c'è Google,
che ha sospeso la licenza all'utilizzo del proprio sistema operativo
Android per gli smartphone Huawei,
una mossa che esclude di fatto, nelle prossime versioni degli
smartphone del colosso cinese, l'utilizzo di diversi servizi Google,
tra i quali Gmail. Dalla società cinese hanno subito dichiarato che
la decisione presa dal Bureau
of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio degli
Stati Uniti, su indicazione del presidente, comporterà gravi danni
economici per tutti, soprattutto per le aziende americane con cui
Huawei collabora, e che questo divieto mina alla base la fiducia tra
i due paesi nei processi di approvvigionamento globale. Insomma, un
vero e proprio terremoto, considerando anche che Huawei è il numero
uno globale nello sviluppo e implementazione delle reti 5G, alla base
di nuovi e sofisticati servizi on line che rappresentano un deciso
salto in avanti nella cosiddetta digital economy: miliardi di oggetti
connessi producono costantemente dati da analizzare per sviluppare
nuovi servizi che però necessitano di reti sempre più veloci,
performanti e intelligenti per essere distribuiti e fruiti. Anche le
aziende di microprocessori, Intel
e Broadcom
(le cui radici tecnologiche arrivano
dagli AT&T/Bell
Labs, Lucent e Hewlett-Packard)
su
tutte, hanno per ora congelato le forniture al colosso tecnologico
cinese.
Dominio
tecnologico, dominio politico
Si
tratta di azioni dal grande impatto mediatico ma che è bene
inquadrare in un contesto di confronto-scontro più ampio tra le due
superpotenze per vincere una posta in gioco altissima: nei prossimi
10-15 anni sapremo infatti quale sarà il Paese di riferimento
mondiale per innovazione tecnologica e capacità di influenza
economico-politica sul mercato globale. Sì, perchè le due cose,
tecnologia e supremazia geopolitica, vanno insieme: non esiste ormai
settore che non basi il proprio sviluppo su un utilizzo diffuso di
tecnologie digitali; ogni innovazione di prodotto e di servizio, ogni
strategia e obiettivo che aziende, amministrazioni pubbliche, enti e
istituzioni si daranno, sarà sempre più basato su un'attenta
analisi dei dati attraverso tecniche di Intelligenza artificiale e
reti iperveloci.
Se da
un lato gli Stati Uniti cercano per questo di frenare la corsa cinese
e provare a non perdere la loro attuale egemonia tecnologica globale,
dall'altro lato il presidente Xi
Jinping rivendica il sogno cinese di sostituire il modello
capitalistico occidentale con quello “capitalcomunista”.
Due
sistemi profondamente differenti vengono quindi a contatto tra
competizione e interessi comuni: in Cina il Partito Comunista è il
principale orchestratore delle politiche di innovazione, con una
rigorosa strategia protezionistica, di controllo dei modi e dei
tempi. Il liberismo economico americano, invece, lascia
all'amministrazione un ruolo più defilato e le direzioni di sviluppo
sono guidate soprattutto dalla domanda di mercato. Sono queste alcune
brevi considerazioni ricavate da un recente incontro ISPI, con
la partecipaione della Fondazione Italia Cina, dal titolo “The
race for technological leadership between cooperation and
competition”.
Effetti
catastrofici per le imprese: serve un equilibrio
Nonostante
le pesanti schermaglie, i due contendenti in questa corsa sono tra
loro strettamente abbracciati. Huawei compra oggi circa 70 miliardi
di dollari l'anno di componentistica, e di questi ben 11 miliardi
soltanto da tre aziende americane. E sono proprio le imprese, che in
questa guerra, rischiano di pagare il prezzo più alto.
Di recente Nike,
Adidas
e altri 171 gruppi appartenenti al settore calzaturiero e sportswear
hanno inviato una lettera aperta al presidente Trump invitandolo a
cambiare politica sui dazi che, recitava la lettera, sarebbero
“catastrofici per i nostri clienti, le nostre aziende e l'economia
americana in generale”.
La
partita si gioca quindi nella ricerca di un equilibrio che le due
superpotenze dovranno trovare tra crescita commerciale e pace sociale
interna. Certo è che Trump sta provando a ritardare il più
possibile l'espansione tecnologica cinese, dove gli enormi
investimenti in reti di
telecomunicazioni, biopharma, robotica, energia, trasporti,
aerospaziale, stanno sostenendo uno sviluppo espansivo senza eguali.
L'Intelligenza Artificiale è l'architrave del progetto “Made in
China 2025”, tanto temuto dall'amministrazione americana perchè
oltre ad avere l'obiettivo di portare la Cina ad essere leader
mondiale nelle tecnologie di Intelligenza Artificiale entro il 2030,
definisce i percorsi, gli investimenti e gli obiettivi per costruire
una potenza tecnologica in grado di esportare prodotti ad alta
innovazione e qualità, un progetto che coinvolge tutta la società
cinese e l'intera produzione manifatturiera.
Va
detto che per le dimensioni e le dinamiche di un paese con ormai
circa 1,4 miliardi di abitanti, si tratta di una strada quasi
obbligata. Al di là infatti del
rallentamento del Pil (le previsioni sono di +6,2% per
quest'anno), la tenuta del sistema sociale cinese si basa su tassi di
sviluppo comunque elevati. E per far questo, il sistema cinese deve
poter guidare le direttrici di sviluppo economico e tecnologico
mondiali. L'innovazione è pevasiva nella struttura economica cinese:
delle top 50 aziende “unicorno”, cioè le startup da 1 miliardo
di dollari e oltre, 26 sono cinesi, 16 americane; inoltre, la
crescita delle primarie tech company americane è stata in media del
26% nel periodo 2017/18, mentre per quelle cinesi il tasso è stato
+33%.
Un'azione
a tutto campo
Senza
dimenticare che l'azione strategica cinese è a tutto campo: nella
ricerca e sviluppo come nella formazione di competenze adatte a
muoversi nell'economia digitale: i laureati che la Cina produce nelle
materie STEM (Science,
Technology, Engineering, Mathematics) sono circa 1,3 milioni
all'anno, gli Usa 400 mila, la Germania 75 mila, la Francia 45 mila,
l'Italia 30 mila. In più, due anni fa l'Università di Stanford
(in Silicon Valley) ha
realizzato una ricerca per misurare i livelli di capacità di
ragionamento critico-scientifico degli studenti e dottorandi
americani e cinesi: ne è risultato che gli studenti del Sol Levante
sono in media tre anni avanti degli equivalenti americani, un dato
che su una corsa di lungo periodo rappresenta un problema
strutturale. Prosegue inoltre il programma di incentivi statali e di
opportunità di posizioni di rilievo garantite nelle primarie
università cinesi per quegli studenti che decidono di tornare in
Cina a sviluppare programmi di ricerca. E' noto infine che la Cina, e
in genere le culture orientali, anche nel business traguardano una
visione di lungo periodo, contro quella più rapida, orientata al
risultato economico immediato, tipica della cultura imprenditoriale
americana. Il modello cinese prima ancora che favorire
l'accumulazione di capitale del singolo o della singola impresa,
privilegia la crescita strutturale del Paese. Non dimenticando che
non si tratta di una democrazia. Il controllo del partito consente
infatti di andare oltre il diritto e le libertà personali. Oggi
nelle metropoli cinesi si sta affermando uno stato di sorveglianza
tecnologica delle persone, attuato attraverso 600 milioni di
telecamere installate e raffinati algoritmi di analisi dei dati.
Cominciano ad essere utilizzati ranking di valutazione (social credit
system) realizzati sulla base di un controllo sociale che analizza i
comportamenti delle persone attraverso la tecnologia, e di
conseguenza garantisce o impedisce accesso al credito, allo shopping,
ai trasporti e quant'altro. Insomma, una corsa nella quale i
concorrenti, Usa e Cina, hanno diverse visioni e leve da sfruttare,
ma dove probabilmente nessuno dei due ha interesse a forzare troppo
la mano.
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