mercoledì 12 giugno 2019


Usa-Cina e la corsa alla leadership tecnologica: una questione di supremazia globale

Stefano Uberti Foppa

La politica dei dazi, il potenziale rischio per la sicurezza nazionale USA legato all'utilizzo di tecnologie cinesi e il divieto di accesso a quelle americane. La battaglia Usa-Cina è senza esclusione di colpi ma le due superpotenze hanno i loro destini e interessi incrociati e un punto di equilibrio che garantisca crescita e pace sociale, andrà trovato. Intanto il dragone espande in tutto il mondo la sua egemonia...



L'azione di contrasto alla Cina da parte del presidente americano Trump si basa soprattutto su due punti forti: il primo è di tipo economico-commerciale, per cercare di frenare l'avanzata cinese negli Stati Uniti attraverso strumenti protezionistici tipici della strategia “America First”; il secondo è più di carattere strategico-militare, legato alla sicurezza nazionale, che induce nell'opinione pubblica il dubbio di un potenziale spionaggio tecnologico attraverso l'utilizzo di sistemi, componenti, reti e smartphone (Huawei) made in China.
Tra le prime aziende che si sono allineate al divieto presidenziale di utilizzare tecnologie straniere c'è Google, che ha sospeso la licenza all'utilizzo del proprio sistema operativo Android per gli smartphone Huawei, una mossa che esclude di fatto, nelle prossime versioni degli smartphone del colosso cinese, l'utilizzo di diversi servizi Google, tra i quali Gmail. Dalla società cinese hanno subito dichiarato che la decisione presa dal Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, su indicazione del presidente, comporterà gravi danni economici per tutti, soprattutto per le aziende americane con cui Huawei collabora, e che questo divieto mina alla base la fiducia tra i due paesi nei processi di approvvigionamento globale. Insomma, un vero e proprio terremoto, considerando anche che Huawei è il numero uno globale nello sviluppo e implementazione delle reti 5G, alla base di nuovi e sofisticati servizi on line che rappresentano un deciso salto in avanti nella cosiddetta digital economy: miliardi di oggetti connessi producono costantemente dati da analizzare per sviluppare nuovi servizi che però necessitano di reti sempre più veloci, performanti e intelligenti per essere distribuiti e fruiti. Anche le aziende di microprocessori, Intel e Broadcom (le cui radici tecnologiche arrivano dagli AT&T/Bell Labs, Lucent e Hewlett-Packard) su tutte, hanno per ora congelato le forniture al colosso tecnologico cinese.

Dominio tecnologico, dominio politico
Si tratta di azioni dal grande impatto mediatico ma che è bene inquadrare in un contesto di confronto-scontro più ampio tra le due superpotenze per vincere una posta in gioco altissima: nei prossimi 10-15 anni sapremo infatti quale sarà il Paese di riferimento mondiale per innovazione tecnologica e capacità di influenza economico-politica sul mercato globale. Sì, perchè le due cose, tecnologia e supremazia geopolitica, vanno insieme: non esiste ormai settore che non basi il proprio sviluppo su un utilizzo diffuso di tecnologie digitali; ogni innovazione di prodotto e di servizio, ogni strategia e obiettivo che aziende, amministrazioni pubbliche, enti e istituzioni si daranno, sarà sempre più basato su un'attenta analisi dei dati attraverso tecniche di Intelligenza artificiale e reti iperveloci.
Se da un lato gli Stati Uniti cercano per questo di frenare la corsa cinese e provare a non perdere la loro attuale egemonia tecnologica globale, dall'altro lato il presidente Xi Jinping rivendica il sogno cinese di sostituire il modello capitalistico occidentale con quello “capitalcomunista”.
Due sistemi profondamente differenti vengono quindi a contatto tra competizione e interessi comuni: in Cina il Partito Comunista è il principale orchestratore delle politiche di innovazione, con una rigorosa strategia protezionistica, di controllo dei modi e dei tempi. Il liberismo economico americano, invece, lascia all'amministrazione un ruolo più defilato e le direzioni di sviluppo sono guidate soprattutto dalla domanda di mercato. Sono queste alcune brevi considerazioni ricavate da un recente incontro ISPI, con la partecipaione della Fondazione Italia Cina, dal titolo “The race for technological leadership between cooperation and competition”.

Effetti catastrofici per le imprese: serve un equilibrio
Nonostante le pesanti schermaglie, i due contendenti in questa corsa sono tra loro strettamente abbracciati. Huawei compra oggi circa 70 miliardi di dollari l'anno di componentistica, e di questi ben 11 miliardi soltanto da tre aziende americane. E sono proprio le imprese, che in questa guerra, rischiano di pagare il prezzo più alto. Di recente Nike, Adidas e altri 171 gruppi appartenenti al settore calzaturiero e sportswear hanno inviato una lettera aperta al presidente Trump invitandolo a cambiare politica sui dazi che, recitava la lettera, sarebbero “catastrofici per i nostri clienti, le nostre aziende e l'economia americana in generale”.
La partita si gioca quindi nella ricerca di un equilibrio che le due superpotenze dovranno trovare tra crescita commerciale e pace sociale interna. Certo è che Trump sta provando a ritardare il più possibile l'espansione tecnologica cinese, dove gli enormi investimenti in reti di telecomunicazioni, biopharma, robotica, energia, trasporti, aerospaziale, stanno sostenendo uno sviluppo espansivo senza eguali. L'Intelligenza Artificiale è l'architrave del progetto “Made in China 2025”, tanto temuto dall'amministrazione americana perchè oltre ad avere l'obiettivo di portare la Cina ad essere leader mondiale nelle tecnologie di Intelligenza Artificiale entro il 2030, definisce i percorsi, gli investimenti e gli obiettivi per costruire una potenza tecnologica in grado di esportare prodotti ad alta innovazione e qualità, un progetto che coinvolge tutta la società cinese e l'intera produzione manifatturiera.
Va detto che per le dimensioni e le dinamiche di un paese con ormai circa 1,4 miliardi di abitanti, si tratta di una strada quasi obbligata. Al di là infatti del rallentamento del Pil (le previsioni sono di +6,2% per quest'anno), la tenuta del sistema sociale cinese si basa su tassi di sviluppo comunque elevati. E per far questo, il sistema cinese deve poter guidare le direttrici di sviluppo economico e tecnologico mondiali. L'innovazione è pevasiva nella struttura economica cinese: delle top 50 aziende “unicorno”, cioè le startup da 1 miliardo di dollari e oltre, 26 sono cinesi, 16 americane; inoltre, la crescita delle primarie tech company americane è stata in media del 26% nel periodo 2017/18, mentre per quelle cinesi il tasso è stato +33%.

Un'azione a tutto campo
Senza dimenticare che l'azione strategica cinese è a tutto campo: nella ricerca e sviluppo come nella formazione di competenze adatte a muoversi nell'economia digitale: i laureati che la Cina produce nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) sono circa 1,3 milioni all'anno, gli Usa 400 mila, la Germania 75 mila, la Francia 45 mila, l'Italia 30 mila. In più, due anni fa l'Università di Stanford (in Silicon Valley) ha realizzato una ricerca per misurare i livelli di capacità di ragionamento critico-scientifico degli studenti e dottorandi americani e cinesi: ne è risultato che gli studenti del Sol Levante sono in media tre anni avanti degli equivalenti americani, un dato che su una corsa di lungo periodo rappresenta un problema strutturale. Prosegue inoltre il programma di incentivi statali e di opportunità di posizioni di rilievo garantite nelle primarie università cinesi per quegli studenti che decidono di tornare in Cina a sviluppare programmi di ricerca. E' noto infine che la Cina, e in genere le culture orientali, anche nel business traguardano una visione di lungo periodo, contro quella più rapida, orientata al risultato economico immediato, tipica della cultura imprenditoriale americana. Il modello cinese prima ancora che favorire l'accumulazione di capitale del singolo o della singola impresa, privilegia la crescita strutturale del Paese. Non dimenticando che non si tratta di una democrazia. Il controllo del partito consente infatti di andare oltre il diritto e le libertà personali. Oggi nelle metropoli cinesi si sta affermando uno stato di sorveglianza tecnologica delle persone, attuato attraverso 600 milioni di telecamere installate e raffinati algoritmi di analisi dei dati. Cominciano ad essere utilizzati ranking di valutazione (social credit system) realizzati sulla base di un controllo sociale che analizza i comportamenti delle persone attraverso la tecnologia, e di conseguenza garantisce o impedisce accesso al credito, allo shopping, ai trasporti e quant'altro. Insomma, una corsa nella quale i concorrenti, Usa e Cina, hanno diverse visioni e leve da sfruttare, ma dove probabilmente nessuno dei due ha interesse a forzare troppo la mano.















Nessun commento:

Posta un commento

  Intelligenza Artificiale: percorsi di implementazione, ostacoli da rimuovere  Uno studio IBM, su un campione internazionale di oltre 4500 ...